Da Biella a Ivrea: l’esperienza del Dott. Chioso e del suo team

19 Ottobre 2016
Da Biella a Ivrea: l’esperienza del Dott. Chioso e del suo team

Ecco la nuova urologia della clinica eporediese

Dopo più di dieci anni di attività svolti all’interno della Clinica La Vialarda di Biella, l’équipe di Urologia, guidata dal Dott. Piercarlo Chioso, ha iniziato da pochi mesi una nuova avventura alla Clinica Eporediese di Ivrea.
Negli anni trascorsi nella Struttura biellese il team, di cui oggi fanno parte anche il Dott. Tullio Borella, il Dott. Enzo Pugno, il Dott. Fabrizio Merlo e come collaboratore esterno il Dott. Paolo Pierini, ha sviluppato ottime competenze specialistiche nei campi della chirurgia urologica e andrologica. Tra le maggiori patologie trattate sono da annoverare le neoplasie della prostata con un numero medio annuale di circa 70 prostatectomie radicali, 20 nefrectomie per le neoplasie renali e 15 cistectomie per la patologia neoplastica avanzata della vescica.
Oltre alle neoplasie renali per le quali è stata necessaria la nefrectomia, sono stati trattati mediamente ogni anno circa 10 nefrectomie parziali o enucleoresezioni per le masse di piccole dimensioni conservando la maggior parte di tessuto renale funzionante.
Alla Clinica Eporediese l’équipe del Dott. Chioso ha anche portato una innovativa metodica per il trattamento chirurgico del tumore al rene: la nefrectomia “hand assisted”.
“Si interviene per via laparoscopica, ma con una novità – spiega il Dott. Chioso – questa tecnica offre ulteriori vantaggi durante l’intervento in termini di sicurezza e velocità di esecuzione. Si tratta di eseguire un’incisione di 6-7 cm a livello dei quadranti addominali inferiori, oltre ai 2-3 piccoli buchi nella parete addominale superiore attraverso i quali vengono inseriti gli strumenti laparoscopici.
L’incisione, tramite l’utilizzo di una membrana in gel perforata e lubrificata, permette al chirurgo di introdurre una mano nella cavità addominale che aiuta a spostare le strutture che ricoprono il rene. In questo modo l’intervento è decisamente più breve e sicuro. In più, in caso di sanguinamenti importanti che a volte rendono necessaria la conversione della tecnica laparoscopica in tradizionale (a cielo aperto), la mano in addome è in grado di gestire meglio la complicanza. La piccola incisione servirà anche per estrarre il rene dalla cavità addominale; un’incisione che deve comunque essere sempre fatta per asportare l’organo, semplicemente con la nostra metodica viene praticata all’inizio, anziché solo alla fine”.
Altro importante capitolo riguarda la gestione delle complicanze a seguito di prostatectomia radicale (asportazione della prostata) rappresentate nella maggior parte dei casi da incontinenza urinaria e deficit erettile. Tali complicanze sono, purtroppo, indipendenti dalla metodica utilizzata per l’intervento: a sei mesi dalla chirurgia radicale prostatica infatti, le percentuali di tali complicanze sono identiche sia per la chirurgia a cielo aperto che per la chirurgia laparoscopica o robotica.
“Alla Clinica Eporediese, rispetto ad altri centri, – prosegue il Dott. Chioso – l’incontinenza urinaria che non risponde positivamente alle terapie mediche e fisiche, viene gestita chirurgicamente. Il trattamento, riservato ai pazienti che a sei mesi dall’intervento presentano ancora un’incontinenza di grado medio/elevato, prevede l’applicazione di una protesi regolabile anche successivamente. In sostanza se la continenza non viene ottenuta in maniera ottimale, la protesi permette un aggiustamento a posteriori, da eseguirsi in anestesia locale, anche a mesi di distanza dal suo impianto”.
Per quanto riguarda invece un’altra importante patologia urologica ovvero la neoplasia vescicale infiltrante o aggressiva, trattata con cistectomia radicale (asportazione della vescica), in circa il 50% dei casi è stata effettuata una ricostruzione vescicale mediante l’utilizzo di un tratto di intestino ileale, mentre nei rimanenti casi è stata eseguita una derivazione esterna sempre utilizzando un tratto di intestino ileale. Le indicazioni alla ricostruzione vescicale sono determinate dall’età del paziente, dal sesso, dal tipo di neoplasia (dalla sua estensione o invasività) e da eventuali altri precedenti chirurgici.
Altro grande capitolo della chirurgia urologica di tipo benigno riguarda il trattamento della calcolosi urinaria che, negli anni, ha visto notevoli evoluzioni diventando una patologia meno traumatica per i pazienti con una percentuale di interventi a cielo aperto < al 5%.
“Disponiamo delle più recenti innovazioni tecnologiche che comprendono strumentario endoscopico (rigido e flessibile) e percutaneo prosegue il Dott. Piercarlo Chioso – associati all’ attrezzatura per la litotrissia (frantumazione dei calcoli) che comprende il laser, l’elettroidraulico e il balistico. La frantumazione dei calcoli può anche avvenire per via extracorporea, sempre tramite specifica apparecchiatura”.
L’èquipe del Dott. Chioso guarda anche al futuro con un progetto che punta a sviluppare una ancora più stretta collaborazione con l’attrezzatissimo Dipartimento di Diagnostica per Immagini della Clinica Eporediese.
Proprio qui infatti è possibile effettuare esami di risonanza magnetica multiparametrici per la ricerca delle neoplasie prostatiche.
Se la prima biopsia, eseguita per un aumento del PSA, ha dato esito negativo e se persiste il sospetto della patologia tumorale, la Risonanza Magnetica è in grado di individuare le aree maggiormente sospette ed indirizzare così l’urologo a prelievi bioptici più selettivi e mirati rispetto alla biopsia tradizionale.
“La nostra speranza – conclude il Dott. Chioso – è quella di riuscire ad eseguire a breve una biopsia di fusione tra le immagini ecografiche e quelle della risonanza che, secondo la più recente bibliografia mondiale, risulta essere la migliore metodica per individuare le neoplasie prostatiche significative. Ovviamente tutte le metodiche utilizzate per anni alla Clinica La Vialarda sono state portate anche a Ivrea, con un vantaggio ulteriore che è dato dalla presenza di una terapia intensiva post operatoria di notevole efficienza che ci permette di intervenire anche su pazienti con altre criticità. Un particolare ringraziamento va pertanto al personale della terapia intensiva per averci permesso di intervenire su pazienti che altrimenti non avremmo potuto operare”.


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